Nessuna notizia di nuovi contagi a Vo’ Euganeo, dopo un lungo periodo di isolamento, e il piccolo comune della provincia di Padova riapre i propri confini. Ma ecco che una quantità imprecisata di individui si materializza e fa il suo trionfale ingresso nella modesta cittadina: individui molto probabilmente ignari del fatto di trovarsi nella cosiddetta Porta Occidentale dei Colli Euganei, “Città del Vino e della Trachite”. Cosa ha spinto queste persone a raggiungere Vo’ in un momento così delicato per la salute pubblica? La curiosità di “toccare con mano” e di recarsi di persona in loco è stata davvero più importante, più urgente e incalzante del calcolare con calma i possibili rischi che un tale spostamento avrebbe potuto comportare? Ebbene sì. Non a caso, purtroppo, pochi giorni dopo la suddetta “gita turistica”, un nuovo caso di contagio è stato rilevato.
Il turismo nero
Correva l’anno 2012 quando nel mese di gennaio una nave da crociera, la Costa Concordia, è naufragata all’Isola del Giglio o, meglio, all’ “Isola dei curiosi”, com’è stata ribattezzata in seguito alla catastrofe. Centoquattordicimila tonnellate di acciaio che giacciono in mare e migliaia di turisti che decidono di fare un “tour con vista relitto”, come proponevano molti tassisti. Si potrebbe continuare a lungo nell’elencazione di episodi che vedono una moltitudine di persone recarsi, puntualissime e bramose, sul luogo di una tragedia. Il delitto di Avetrana vi dice qualcosa? È stato necessario transennare la casa dei Misseri per tenere a bada l’invadenza di certi sguardi decisamente troppo indiscreti. Una tale tipologia di turismo, “turismo dell’orrore” (Dark tourism, anche detto “turismo nero”) ne ricorda un altro, sia per comune denominatore sia per le dinamiche di fondo: il cosiddetto “Cineturismo”.
Il Cineturismo
Il Cineturismo o Film-induced tourism è un tipo di turismo basato sullo spostamento di persone verso un determinato luogo, poiché sede di riprese cinematografiche che poi sono diventate oggetto di lungometraggi o serie TV. Il fil rouge di queste due declinazioni del turismo è sicuramente il legame con il medium audiovisivo, cioè il mezzo di comunicazione attraverso cui l’informazione viene veicolata e arriva ai futuri “turisti”. Ci chiediamo però se ci sia qualcosa di più ad accomunare questi due avvenimenti: perché la gente sente il desiderio di recarsi di persona sul luogo che è stato testimone di un delitto, di una sciagura o che ha ospitato una troupe televisiva/cinematografica?
La volontà dell’uomo di viaggiare, prescindendo dalle necessità preistoriche di spostarsi per il cibo (migrazioni che tuttavia hanno lasciato traccia nella memoria collettiva) è davvero antica. Mercanti e navigatori, aristocratici in formazione, romantici in fuga da una realtà razionalmente dominata: poco a poco la dimensione dell’utile viene meno, per lasciare spazio ad un esasperato soggettivismo. Dall’esplorazione di nuove vie commerciali – e, di conseguenza, culturali – dalla spinta dinamica verso la conoscenza dell’ignoto, all’irrequietezza dovuta ad un disorientamento personale. Viaggio, quindi, come potenziale pericolo, ma anche e soprattutto come valore iniziatico di crescita e di (ri)scoperta di sé.
La chiave psicoanalitica
In un’epoca come questa, dominata dall’audiovisivo, ci chiediamo però se a spingere il soggetto a viaggiare siano le medesime motivazioni di un tempo. Per rispondere al quesito possono venirci in aiuto varie discipline: prima tra tutte la letteratura psicoanalitica.
Jacques Lacan (psichiatra, psicoanalista e filosofo francese del XX secolo), introduce un concetto interessante: quello di “desiderio dell’Altrove”. Il protendersi verso un Altrove, secondo Lacan, è sinonimo di ricerca di una possibilità ulteriore, un’esigenza a “fare ordine”, a “donare senso” all’esistente. E la necessità di rendere tale Altrove un’ubicazione reale, diviene tanto più impellente quanto più è forte la potenza dell’immagine. Non dimentichiamoci che la memoria è per l’80% visiva e che dunque gli stimoli visivi hanno una presa notevole sulla mente dell’individuo.
Prendiamo poi in considerazione il concetto filosofico e psicologico di costruzione dell’Io:
Ci serve il pretesto della finzione per attuare ciò che siamo davvero.
Slavoj Žižek
L’immagine chimerica e immateriale sullo schermo si ritiene abbia un certo peso anche nell’attuazione di tali processi (“Registro immaginario”, “Stadio dello specchio” in psicanalisi). Ma c’è di più.
Il concetto di interazione
Il “resto memoriale”, come lo definisce Roberto Provenzano, ovvero quel ricordo che soggiace nel soggetto dopo aver guardato un film o una serie TV, spinge ad entrare in interazione con il luogo visto sullo schermo, a recarvisi di persona e a dare inizio ad un profondo scambio tra esso e il turista-pellegrino. “Inter” e “azione”: il termine nella sua etimologia suggerisce infatti l’idea una reciprocità. Di conseguenza, il luogo che il soggetto raggiunge dopo un viaggio non rappresenta un semplice spazio fisico, bensì un ambiente dall’elevato significato simbolico. Lo spazio è in grado di emanare una molteplicità di sensazioni, che concatenandosi alle emozioni del turista, donano all’ambiente e al soggetto stesso un “ruolo generativo” (Fabrizio Crisafulli).
Il concetto di Identità
L’identità di un individuo o di una comunità, viene nutrita inoltre attraverso il racconto costitutivo della sua storia. Il racconto è una costruzione che permette di sfuggire al vuoto e di (ri)costruire una narrazione. Dal momento che l’identità personale non è tangibile, l’identità narrativa del racconto aiuta il soggetto a crearsene una immanente (“narrazione”, ovvero: esposizione del fatto).
Provando ad unire tutti i tasselli di questo puzzle: l’individuo deve necessariamente fare i conti con la propria identità, capirla, coltivarla e costruirla nel tempo. Nel Medioevo la persona si identificava nel ruolo che esercitava nella società (identità sociale). Era contadino, artigiano o cavaliere, non un soggetto a cui capitava di avere un’occupazione piuttosto che un’altra. Nella società attuale, che ha visto il passaggio da una struttura gerarchica stabile ad una struttura reticolare mobile, si è imposta l’ideologia della realizzazione. La società non definisce più per ciascuno il posto e la funzione. Di conseguenza, spetta unicamente al singolo dare un senso alla propria esistenza.
Un’identità integra, completa e unitaria è il risultato del dialogo fra le due identità: personale (a cui è connessa anche quella di genere) e sociale. Ma il soggetto mirerà ad un’autonomia rispetto all’appartenenza alla propria comunità. Tenterà cioè di disegnare se stesso in modo “unico”. Tale libertà da una identità ereditata (proseguire il lavoro di famiglia) genera insicurezza e confusione.
Il ruolo dei media
Il ragazzo adolescente che sente la necessità di recarsi in Irlanda per vedere di persona i luoghi della sua saga preferita, sarà mosso a spostarsi dalle stesse motivazioni inconsce del quarantenne che ha sentito al Telegiornale la notizia di un terribile delitto. Entrambi compiono un pellegrinaggio verso un luogo per loro simbolicamente importante, un Altrove che dovrebbe arricchire e delineare le loro identità e, soprattutto, esorcizzare quell’ansia che deriva dal non sapere chi si è. Ansia indotta, come si è detto, dalla nostra impostazione sociale, a cui i media fanno al contempo da cassa di risonanza e da antidoto.
Copertina: Umberto Shaw