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Cultura

Chiedetelo a un insegnante: la formazione a distanza

Come ogni aspetto della nostra vita in quarantena, anche l’apprendimento diventa digitale, mobile e social. Le piattaforme di e-learning sfruttano le potenzialità del web per rendere possibile l’insegnamento a distanza: l’idea è ottima ma non esente da limiti.

Chi da bambino non ha mai desiderato di disertare la scuola? Ci siamo passati tutti, vuoi per la verifica di matematica, vuoi per capriccio, vuoi per quello storico litigio con il compagno di banco. Il Governo ci ha accontentati ma con un po’ di ritardo, visto che alle elementari non ci andiamo più. Al massimo siamo iscritti all’Università e dare gli esami da non frequentanti non ci spaventa, anzi, ci consente di bilanciare perfettamente l’impegno quotidiano tra studio e aperitivi. Da bambini però era tutto diverso: quella voglia di non andare a scuola durava un giorno e poco più. Guardavamo Dumbo 5 volte consecutive in un giorno e già ci mancavano i nostri compagni di banco. 

La formazione a distanza

La formazione a distanza (FAD, nota anche come online learningdigital learning o e-learning) è un metodo comune per seguire corsi e rafforzare le proprie competenze su più livelli. Utilissima alle aziende e agli enti di formazione professionale, la formazione a distanza, svela i propri limiti per quel che concerne la scuola dell’obbligo, che non è solo apprendimento ma anche relazione. Prima di tutto relazione con l’insegnante, figura centrale nel processo educativo; ma anche relazione con i compagni, primo incontro/scontro con il concetto di società. 

Ma i limiti dell’e-learning non si fermano qui e sono ancora (troppo spesso) limiti tecnologici e di sistema. Il rapporto Eurydice per l’anno 2018/19, offre uno sguardo comparativo sulle strategie e sulle politiche nazionali in materia di educazione digitale a scuola su 38 Paesi europei. Sebbene il nostro paese registri dei timidi tentativi di riconversione digitale, c’è ancora molto da fare. Dobbiamo recuperare in termini di investimenti, adozione di una pratica quotidiana, formazione e superamento delle disparità territoriali. Secondo il rapporto, gli studenti dei paesi nordici hanno maggiori probabilità di frequentare scuole altamente equipaggiate e collegate digitalmente (Commissione europea, 2019, p. 39). L’ accesso degli studenti ai computer desktop, inoltre, riguarda ancora prevalentemente i laboratori informatici rispetto alle aule (Commissione europea, 2019, pp. 30-31). Un utilizzo della tecnologia affiancato alla didattica, ma non ancora integrato dunque. 

Le iniziative del Governo

Per supportare la scuola nel periodo di chiusura legato all’emergenza Coronavirus, il Ministero dell’Istruzione ha predisposto alcuni strumenti a supporto della formazione a distanza. In particolare ha pubblicato una pagina web, con suggerimenti riguardo a piattaforme (Google Suite for Education, Office 365 Education A1, Weschool di Tim, Amazon Chime) e materiali multimediali da utilizzare (Treccani Scuola, Rai per la Didattica, ecc.). Suggerimenti che ogni insegnante dovrà adattare alla propria classe, al livello di digitalizzazione dei propri alunni, alla possibilità o meno che vi sia un genitore a seguirli e a tanti altri fattori. Ogni insegnante, dunque, dovrà farsi paladino silenzioso di un proprio processo di riconversione

Per capire cosa voglia dire davvero insegnare nel contesto di questa nuova emergenza, abbiamo intervistato Cristina, giovane maestra di Vicenza. 

Il punto di vista di un insegnante

Ciao Cristina, la prima domanda che vorrei farti è: come l’hai presa? Qual è la prima cosa che hai pensato quando il Governo ha imposto la chiusura delle scuole?

Sinceramente non mi sono allarmata subito, inizialmente si è parlato di una sospensione di due giorni, che andavano in coda alle vacanze di Carnevale…. Poi si è iniziato a parlare di un’altra settimana, e già lì la situazione iniziava a farsi critica… 14 giorni di sospensione scolastica iniziavano ad essere tantini. Quando poi ho realizzato che la sospensione sarebbe stata ben più lunga ho capito che il mio lavoro doveva necessariamente trasformarsi, e al più presto.

Che tipo di materiale e strumenti didattici stai adottando per continuare a svolgere il tuo lavoro? Come sei stata costretta a riorganizzare la tua giornata?

Inizialmente abbiamo utilizzato il registro elettronico della scuola, per comunicare con i genitori e gli alunni e per assegnare loro delle attività di ripasso, credendo che presto saremmo tornati a scuola. Quando abbiamo capito che la sospensione della didattica si sarebbe protratta a data da destinarsi abbiamo iniziato, come scuola, ad avvertire la necessità di raggiungere i nostri alunni in modo diverso, più diretto ed interattivo. Siamo quindi passati alla creazione di classi virtuali. Per questo abbiamo utilizzato Google Classroom, che consente di postare video lezioni, fare video conferenze, assegnare compiti in modalità virtuale e di comunicare più direttamente.

La mia giornata, quindi, passa veloce tra la realizzazione di una presentazione power point, scansione di file, registrazione di video, audio, correzione di compiti al pc… sono una maestra molto più tecnologica di prima, su questo non c’è dubbio!

Quali sono le principali difficoltà dell’insegnamento a distanza?

Per quanto la tecnologia ci venga in aiuto, la relazione umana e diretta con i bambini rimane l’essenza della mia professione. La possibilità di parlare con loro guardandoli negli occhi, di incoraggiarli con un sorriso e con una mano sulla spalla, il valore di uno scambio di opinioni tra gli alunni di una classe e di un ragionamento costruito assieme, di un gioco con i compagni, sono tutte cose che questa didattica a distanza non è, e mai sarà, in grado di veicolare.

Come ogni aspetto della nostra vita sociale, anche il mondo dell’istruzione è interessato da un cambiamento epocale. Come ti sembra l’abbiamo presa i bambini?

Tutto sommato mi sembra l’abbiano presa bene, anche se chiaramente accusano il colpo. Con le scuole chiuse si perde gran parte del bello di andare a scuola, la possibilità di vedere i compagni, di giocare insieme, di poter seguire una lezione con la libertà di fare domande e chiedere aiuto…Ciò che rimane è la motivazione e la voglia di imparare cose nuove, anche in questa situazione che si è portata via gran parte della meraviglia che è il FARE scuola.

Fortunatamente gran parte dei miei alunni mi fa avere feedback. Mi mandano video, mi scrivono e-mail, mi mandano foto, anche del lavoro svolto. Così mi posso rendere conto del fatto che l’entusiasmo e la voglia di imparare non si è fatta abbattere dalla situazione. Tuttavia ci sono anche alunni, fortunatamente pochi, che non sento, che magari hanno i genitori medici o infermieri, che in questa situazione sono, per forza di cose, meno seguiti. Uno dei miei timori è che questo modo di fare scuola rischi di sacrificare ingiustamente qualcuno.

Di Nicole Chioccariello

Più nouvelle vague, meno nouvelle cuisine. Creo contenuti digitali che sono tutti i libri che ho letto, i film che ho visto, le persone che ho conosciuto.
Instagram: @nicolevague.

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