La serie sulla quarantena Living in quarantine di Federica Cocciro nasce durante il periodo di reclusione forzata imposto dalle misure anti-Coronavirus e riflette sulle condizioni di isolamento e inattività che ad esso si accompagnano. Non è la prima né l’ultima serie fotografica che in questi giorni propone lo stesso tema. Si distingue tuttavia (e per questo ci piaceva parlarne) per la capacità di descrivere il presente “come un lungo dormiveglia”. Non è forse questa la sensazione che proviamo davanti alle nostre esistenze “bloccate”, sperando un giorno di risvegliarci dall’incubo?
Federica Cocciro, classe 1989, è nata e cresciuta a Milano. Laureata in Lettere Moderne e in Cultura e storia del sistema editoriale all’università statale meneghina, frequenta parallelamente un corso in fotogiornalismo all’Istituto Italiano di Fotografia. Attualmente lavora come fotografa freelance rivolgendo particolare interesse alla documentazione di tematiche sociali.
Con Living in quarantine, Federica ci accompagna all’interno della propria abitazione e di un’intimità che resta tuttavia celata; un interno che dialoga silenziosamente con l’esterno, nel vano tentativo di capire cosa accade “fuori”. La serie ritrae una realtà quotidiana altamente condivisibile e concreta, fatta di lenzuola stropicciate, dettagli iperrealisti dei corpi e sguardi che si perdono oltre i vetri appannati. Non mancano però i risvolti metaforici e surreali e le ricadute dalla realtà al sogno.
L’avvicendarsi delle immagini è ciclico, come la monotona ripetitività delle ore e dei giorni di chi si trova recluso: una ripetitività che è al tempo stesso rassicurante e asfissiante. Anche le immagini più concilianti (come l’immagine di un pugno di fragole ben disposte sopra un cuscino) comunicano un senso di sospensione, silenzio e asfissia. Una poetica del quotidiano quindi, che è al contempo surreale e astratta, dolce e amara, conciliante e disturbante.
Com’è nata l’idea di realizzare questa serie fotografica sulla quarantena?
Questa serie fotografica è nata per caso. Venivo da un periodo, quello prima della quarantena, in cui lavoravo molto e scattavo fotografie praticamente ogni giorno. Immaginati cosa possa succedere a una persona assuefatta che, di punto in bianco, si vede privata della sostanza da cui dipende. Così ho continuato a fotografare anche in casa, in maniera ossessiva, seguendo la pancia più che la testa. Le prime tre immagini hanno ricevuto apprezzamenti da diverse persone e questo mi ha spinta a realizzare qualcosa di più strutturato, che ha dato inoltre uno scopo alla mia quotidianità.
Cosa ti ha portato a rappresentare il presente attraverso la realtà della tua abitazione?
Ho iniziato a pormi delle domande: come mi sentivo, cosa stavo provando e come stavo vivendo non solo la quarantena, ma persino ciò che stava succedendo al di fuori di casa. E lì mi sono resa conto che non stavo accettando questo nuovo presente, trovavo e trovo tuttora assurdo ciò che sta accadendo. Noi in casa con tutto il cibo e l’intrattenimento che vogliamo e fuori gente che muore, che mette a rischio la propria vita per quella degli altri. Proprio questo contrasto mi ha portata a pensare che stiamo dormendo, forse sognando. Da qui l’idea di rappresentare il presente come un lungo dormiveglia, costellato di sogni e incubi.
Raccontaci qualcosa di più sul significato delle immagini e sul filo conduttore che le lega.
Nelle immagini ho depersonalizzato il mio appartamento, sia perché tengo molto alla mia privacy, sia per facilitare l’immedesimazione di chi guarda. L’andamento delle fotografie è ciclico: dal torpore si passa al sogno/incubo, per poi svegliarsi nella realtà. E risprofondare nuovamente nel dormiveglia. Come a dire che forse è più facile rimanere in questo stato di incoscienza sospesa. Meglio crogiolarsi nel sogno che perdersi nella realtà, sperando di risvegliarsi presto in un nuovo presente.


Immagini courtesy of Federica Cocciro (Portfolio)