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A Roma esiste un negozio vintage che sembra uscito da Montmartre

Da Mademoiselle Vintage Shop si combattono il fast-fashion e gli stereotipi di genere a suon di tessuti variopinti ed eventi dedicati all’empowerment femminile. L’intervista a Chiara.

In una boutique posta in uno dei quartieri più pittoreschi di Roma troviamo Chiara Petruccioli. La sorprendiamo mentre tenta di mettere ordine sulla sua scrivania ricolma di preziosi tessuti appartenenti a tempi lontani. «Per quanto ci provi, non riesco mai a tenerla linda», ci confida. La boutique in questione è Mademoiselle Vintage Shop e, come si può intuire già dal nome, trattasi di un negozio di abiti vintage. Il nome spinge i pensieri verso quella Montmartre romantica, come la sua ideatrice, e a quel magico sincretismo fra il vecchio e le nuove tendenze – una interazione fra epoche diverse che comunicano dando forma a nuovi modelli e canoni di bellezza. Chiffon, velluto, seta, stampe dipinte, frange e strass: abiti che rivivono una seconda vita grazie a un certosino processo di selezione.

Con orgoglio Chiara ci esprime la sua posizione riguardo la moda e l’ecologia perché «il vintage è una cosa preziosa e rara, con una sua filosofia dietro». La boutique nasce, infatti, non solo dalla sua passione per il vintage, ma anche dalla necessità di apportare il proprio contributo all’emergenza climatica – perché il lavoro deve dare profitto, ma oggi più che mai deve farlo con etica, dignità e morale. Se da qualche anno a questa parte si è cercato di prendere coscienza dell’emergenza climatica, grazie anche, e soprattutto, alla marcia e al costante impegno di movimenti globali come Fridays4future, la transizione verso un mondo più pulito ed ecologico non deve essere però vissuta come una via crucis, una ordalia di supplizi e rinunce.

Ma, soprattutto, la boutique è una seconda casa per ognuna delle sue clienti. Un posto che va oltre la pura dinamica commerciale. Un’isola felice dove si enunciano i massimi sistemi della libertà di costumi e il culto della diversità. Da Mademoiselle si sradicano gli stereotipi di genere e il culto della perfezione, e si apprende che la forza delle donne sono le donne. Un lavoro immenso, questo, che Chiara porta avanti anche grazie alla collaborazione con professioniste psicologhe e sessuologhe, insieme alle quali organizza workshop riguardanti l’accettazione del proprio corpo e la conoscenza di sé stessi. La boutique si presenta dunque anche come contenitore culturale oltre che estetico, grazie agli interventi di carattere sociale e incontri femminili per trasformare l’aperitivo in una occasione di scambi e interazioni all’insegna del benessere e della positività.

Oggi giorno, soprattutto le nuove generazioni, hanno preso coscienza dell’impatto del cambiamento climatico, agendo di conseguenza e cercando di ridurre la propria impronta ecologica. Pensi che il ritorno a gran voce del vintage sia legato in parte anche a questo?

Chiara: Sì e no. Il no perché è più una moda partita dall’inizio degli anni 2000: tanti hanno cominciato a indossare abiti vintage firmati e questo ha portato le persone a conoscere il vintage solo per il suo lato cool e trendy. La vera filosofia del vintage si è persa. Il vintage nasce per riciclo, per sprecare meno e avere dei costi molto bassi, quindi per far comprare, come negli anni ‘50, ‘60, ‘70, alle generazioni più giovani, abbigliamento particolare e di qualità a prezzi molto contenuti.

Questo non è sentito oggi giorno perché le persone comprano a profusione sia nel vintage sia nel fast fashion, molto più di quanto serva. In questo modo il consumo di massa ha inglobato anche il vintage. D’altra parte, la maggior parte delle mie clienti compra perché ha una consapevolezza della filosofia che vi sta dietro. Tante comprano perché hanno chiuso con le catene e comprano solo quello che può servire e che può durare nel tempo.

A proposito, Giorgio Armani in una recente lettera è stato molto chiaro in merito al fast fashion e agli sprechi nella moda. Cosa ne pensi di questa presa di posizione?

Concordo in pieno con le sue dichiarazioni. Penso, però, che la sua risposta al problema sia arrivata decisamente troppo tardi e, soprattutto, che le parole debbano essere messe in atto. Ad esempio, tanti altri stilisti si sono dichiarati contro l’uso delle pellicce, ma la maggior parte produce poi pellame vegano che colora con agenti inquinanti, e disloca le fabbriche nei paesi del terzo mondo. È una modalità per far sentire il cliente a posto con la coscienza: ma il processo di produzione è estremamente inquinante e va a compromettere sia l’ambiente che la salute dei lavoratori. La generazione vintage consapevole di tutte queste cose non compra questo genere di capi.

Ti sorprende il radicale sovvertimento ideologico e semantico che si è avuto negli ultimi anni del vintage? Mi riferisco al passaggio dal vintage percepito in quanto “usato, vecchio e appartenente alle classi basse”, a una tendenza che ricopre tutto lo spettro sociale.

Sì, l’ho notato soprattutto tramite i social. Il vintage è tanto seguito e piace molto anche alle persone che non lo comprendono. E purtroppo questo va a svantaggio dello stesso. Il vintage è una cosa preziosa e rara che sta finendo e che fra pochi anni non ci sarà più. Sta diventando una sorta di catena del fast fashion: tutti comprano, aprono negozi, fanno mercatini. Io lo faccio da tantissimi anni, ma dietro vi è una personale filosofia che porto avanti e che rispetto sia nel prezzo che nella proposta dei capi. Per tanti è solo una delle tante forme di guadagno e altrettanti lo comprano senza capirne il valore e l’introvabilità. Nella selezione dei capi vi è un lavoro di ricerca incommensurabile.

Il tuo rapporto con le clienti va oltre la pura dinamica commerciale: organizzi vari eventi in collaborazione con altrettante professioniste, trasformando un aperitivo in un’occasione di chiacchiere formative. Di cosa trattate in questi incontri e come è nata l’idea?

Il workshop Signorine è nato grazie alla collaborazione con una psicologa: è un progetto che lei promuove da tempo nelle scuole, a titolo gratuito, con l’intento di formare gli adolescenti sulla sessualità e sulla accettazione di sé stessi. Abbiamo voluto riproporlo anche in negozio e ha funzionato già dal primo incontro. Gli altri progetti invece sono partiti da me perché questo luogo contiene ed esprime la mia essenza e tutto ciò che mi piace. Non guardo le mode e il mercato. Qui vengono ragazze che hanno gusti simili ai miei, una visione romantica della vita, alle quali piace la femminilità. Noi siamo romantiche e ci piace così. I workshop servono a dare voce a tutto quello che va oltre il commerciale.

Ti va di parlarci delle difficoltà, se le hai incontrate, nel campo dell’imprenditorialità femminile in Italia?

Fortunatamente no. Anzi, in quanto imprenditrice vi sono molte più agevolazioni per le donne che per gli uomini per quanto riguarda i prestiti bancari. È difficile essere una imprenditrice a livello burocratico, ma questo riguarda tutti quanti. Ci è voluto un anno per preparare tutte le carte e trovare il posto giusto. Purtroppo, ci sono poche tutele per gli affittuari e l’ostacolo più grande è Roma stessa per quanto riguarda burocrazia e affitti.

Come ti stai reinventando per questa fase due e quali saranno le iniziative future?

Mi sono reinventata subito aprendo il sito online a due giorni dalla chiusura del negozio. Non mi sono mai disperata: la mia filosofia, che adotto sia nella vita personale sia in quella professionale, è quella di rimanere ottimista. Ho fatto finta che fuori non ci fosse il caos per provare a portare della positività tramite i social alle persone che mi seguono. Non ho mai parlato del virus perché voglio essere una via di fuga, sia per me stessa che per gli altri. Ho continuato a parlare di vintage. Naturalmente, è limitante questa situazione: sono una chiacchierona, mi piace vedere la gente sorridere, abbracciarla. I progetti per il futuro, invece, sono stati rimandati e sono ancora in cantiere: vorrei fare un’applicazione di Mademoiselle e comprare un camper per un Mademoiselle mobile. Per il momento resto positiva e spero nel futuro.

Se siete lontani dal Pigneto, Mademoiselle Vintage Shop è anche qui: Website | Instagram

Di Oana Ochiana

Historian of Art and History of Religion student

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