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Fotografia

Attraverso lo specchio. Il mondo oltre le apparenze di Riccardo Dubitante

Dagli studi di cinema e storia dell’arte alle fotografie di moda per Gucci. L’intervista al fotografo che si definisce “maniaco del controllo”.

Milanese di nascita, cosmopolita per scelta, Riccardo Dubitante è un fotografo italiano specializzato in fotografia di moda. Con una laurea in Scienze umanistiche e un’altra in Film Studies all’University College of London, scopre una forte passione per la fotografia da autodidatta. Attualmente collabora con riviste e brand internazionali. Il mondo di Riccardo Dubitante è un mondo oltre le apparenze in quanto ricerca l’inaspettato, il nascosto, il freak, portandolo all’attenzione dello spettatore attraverso una fotografia attentamente composta e controllata.

Il mondo della moda è molto competitivo. Come sei riuscito a farti strada in questo settore?

In generale non credo esistano ricette sicure di successo, nella mia esperienza quello che mi ha aiutato ad andare avanti è stato cercare di smettere di paragonarmi costantemente agli altri fotografi e concentrarmi sul mio percorso, rendere ogni progetto più personale possibile, e si spera anche più originale, accettando anche di non piacere a tutti.

Ho visto che hai fotografato per diversi magazine di fama internazionale (I-D, Vogue Italia…). Qual è il lavoro dal quale ti sei sentito più rappresentato?

È difficile scegliere! Diciamo che da bravo control freak quale sono i miei preferiti sono quelli in cui ho avuto controllo totale della creatività, tra gli editoriali probabilmente A tale of mirrors è quello che rispecchia di più la mia visione e il mio vissuto, ma anche Naturophilia che ho scattato nei campi vicino a dove sono nato e dove ha vissuto mia nonna tutta la vita.

riccardo-dubitante-naturophilia

A proposito di questo, la serie di scatti A tale of Mirrors and Reflections è stata proprio quella che mi ha colpito maggiormente. Quale significato risiede dietro queste fotografie?

Grazie! È sicuramente uno dei miei lavori più personali e anche più complicati da scattare. L’idea parte dal concetto di mise en abyme, specchi che riflettendosi tra di loro creano l’illusione di un tunnel infinito. Ho immaginato di percorrere quel tunnel entrando nello specchio e di scoprire una dimensione diversa, in cui il riflesso dello specchio non è più la realtà visibile ma un mondo interiore che non riesce a emergere oltre l’apparenza. È la scissione tra la rappresentazione che diamo di noi stessi e la realtà del nostro intimo.

Cosa cerchi in un/a modello/a?

Evito di partire con idee preconcette, diciamo che so quello che NON cerco: banalità e artificiosità. Per questo mi piace lavorare con modelli/e con meno esperienza e meno sovrastrutture, perché li trovo più spontanei e autentici.

I fiori sono una costante nelle tue fotografie, rimandano a qualche cosa del tuo passato?

I fiori in realtà sono un’aggiunta abbastanza recente nel mio repertorio, ho iniziato a sperimentare associando ad alcuni soggetti dei fiori, lasciandomi guidare dall’istinto. Mi piace il dialogo che si crea tra elemento umano e floreale, i fiori poi rappresentano una bellezza fugace che viene strappata ed è destinata a decadere in fretta, un po’ come la giovinezza e la freschezza, vivono nel momento.

Pensi che il periodo di quarantena abbia portato dei cambiamenti nel lavoro di voi fotografi (es. Facetime)?

Il distanziamento sociale e la paura che caratterizzano questo momento storico hanno influenzato inevitabilmente il nostro lavoro. La sfida ora è trovare un modo nuovo di lavorare e di raccontare il mondo che ci circonda, il che non è un’impresa facile. Scattare da remoto con Facetime è un tentativo ma non lo vedo come una soluzione a lungo termine, comunque è giusto sperimentare. Ogni grande mutamento porta con sé un iniziale smottamento, col tempo impareremo ad adattarci a questa nuova normalità.

riccardo-dubitante-via-padova

Immagini courtesy of Riccardo Dubitante ( Instagram | Website)

Di Serena Gaudenzio

Fashion Student and Blog content Writer
«Francamente, mia cara, me ne infischio»

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