Ylyne, una delle incarnazioni in cui si presenta l’estroso musicista Frank Martino, prosegue il suo viaggio nell’esplorazione della ODM, scherzoso acronimo che sta per Odd Dance Music. Il nome di questo genere tutto personale è un gioco di parole sul concetto di EDM (Electronic Dance Music), la ben più commerciale musica dance-elettronica portata alle masse dai festival e dalle discoteche, o volendo anche su IDM (la più impegnativa musica elettronica sperimentale e piena di virtuosismi tecnici). In uscita il 25 Settembre per Auand Beats, Dub Sickle è la terza tappa di Ylyne, nel percorso di scoperta della Odd Dance Music, con un disco già in cantiere come meta.
Dub Sickle è un brano nato sperimentando con sintetizzatori ed effetti spingendo spesso il suono al limite del noise. Come si usa fare nella musica dub, molti di questi processi sono totalmente improvvisati, sia dal punto di vista sonoro che visivo: il videoclip del brano è infatti un video generativo, registrato dal vivo e in un’unica take da LSKA.
Ylyne
Laureato con il massimo dei voti in chitarra jazz presso i conservatori G. Frescobaldi di Ferrara e A. Buzzolla di Adria, Frank Martino (Messina, 1983) è chitarrista, compositore e producer. Nel 2008 fonda insieme ai suoi compagni di conservatorio la band MOF (Catsound, Auand Records), contaminazione tra musica jazz ed elettronica. Nel 2016 produce per Auand Records il suo primo disco da solista Revert. Paolo Fresu lo definisce «il lavoro di un artista a tutto tondo che sente la musica con gli occhi curiosi di chi la coglie nella contemporaneità odierna fatta di impulsi e di digitale, di dialogo, comunicazione e improvvisazione». Revert è stato inoltre disco del mese su Musica Jazz di aprile ‘17 e accolto come miglior disco jazz dell’anno sulla rivista online OndaRock.
È produttore del progetto di musica elettronica YLYNE con il quale pubblica tre album, l’ultimo dei quali, 26, uscito a giugno 2017 per Auand Records. Nel 2018 esce il suo secondo disco, Level 2 Chaotic Swing (Auand). Ha collaborato col pianista Cesare Picco e con Intuitive Music di Markus Stockhausen per il festival Garda Jazz Musica e Arte. Collabora con il quartetto di Rosa Brunello, la cantautrice Sarah Stride e la band SkaJ di Marco Forieri (Pitura Freska). Ha suonato nei più importanti festival e jazz club italiani.
Intimo, elegante e comunicativo, da ascoltare assolutamente.
Il Mucchio Selvaggio
Come ricordi gli anni del Conservatorio?
Ho avuto la fortuna di frequentare un’annata molto “feconda”, ricca di musicisti bravissimi, miei coetanei, con cui ho collaborato e insegnanti che mi hanno comunicato tantissimo. Purtroppo questa cosa non è scontata e spesso quello del Conservatorio è un ambiente deludente. Credo che a prescindere sia importante conoscere il più possibile tutto ciò che ci ha preceduto. Il rischio di rimanerne schiacciati è altissimo e ammetto che alla fine abbia dovuto un po’ disintossicarmene, ma la ritengo un’esperienza fondamentale.
Come sei passato dallo studio della chitarra jazz alla musica elettronica?
Principalmente curiosità: è una tendenza che ho verso tutti gli altri strumenti, cioè di provare un po’ a capirne le logiche. Poi nel tempo mi sono appassionato a produzione, mixaggio, sintetizzatori analogici. Ho dovuto studiare, anche se mi sono tenuto volutamente lontano da ogni forma di “accademizzazione”.
Che ruolo ha l’improvvisazione nel tuo iter creativo?
Avendola praticata per tanti anni, direi che l’improvvisazione rimane centrale anche durante la produzione. Probabilmente vale un po’ per tutti. Non creiamo concetti dal nulla, ma li fissiamo dopo aver provato varie possibilità, che per lo più nascono da improvvisazioni e rielaborazioni. Dal vivo improvviso moltissimo, soprattutto con le drum machines. In studio, invece, a volte improvviso la struttura di base e tante automazioni di effetti, per poi affinare il brano intero nei passaggi successivi; l’improvvisazione è presente, ma, a differenza del live, non mi piace che sia percepibile, dunque lavoro tanto in post per rendere tutto più preciso.
Come nasce l’ultimo singolo di Ylyne Dub Sickle?
Sono partito suonando un giro di basso al piano, costruendo tutto il resto sopra. In questo caso oltre al basso ho lavorato molto con arpeggiatori e qualche campione vocale. È uno schema che di solito uso per quasi tutti i brani.
A che scena musicale senti di appartenere come Ylyne?
Come Ylyne mi sento molto vicino a tutto ciò che ha a che fare con la musica basata sui beat e sul groove ossessivo; mi capita spesso infatti di lavorare con rappers o produrre brani dal forte impatto ritmico. Non so dare esattamente un genere, e forse non spetta a me. Posso dire che amo mischiare tutti i filoni della black music dal jazz al reggae/dub, dall’hip-hop alla trap.
Spiegaci che cos’è l’ODM.
Dopo un po’ di birre e con tanta simpatia per tutti i critici che cercano sempre di etichettarci in caselle ben definite (cosa ovviamente comprensibile di ‘sti tempi), insieme ad alcuni amici abbiamo cercato un genere esatto per definire la mia musica. Qualcosa che dia l’idea del dettagliato e complesso (odd times), ma a volte tamarro come la Edm. Dunque è nata questa definizione: Odd Dance Music. È fondamentalmente un gioco di parole.
Quanto e in che modo influiscono nel tuo lavoro le logiche di mercato?
Zero. Sono però una persona molto aperta di gusti e vedute, quindi non è escluso che in futuro io possa rientrare con coscienza all’interno di logiche di mercato. L’importante è essere soddisfatti di quello che si fa. Al momento sto volentieri nell’underground, ma non sono snob nei confronti di chi abbraccia altre decisioni che magari possano prevedere compromessi di mercato.
Tre nomi di artisti che stimi particolarmente.
Nino Frassica, Thom Yorke, Giancarlo Esposito.
Descriviti con una frase.
Non sarai mai più figo di Bach.