Valentina Cipriani è una fotografa e videomaker freelance specializzata in ambito musicale. Dopo aver conseguito una laurea in Media e Giornalismo, nel 2012 si dipoloma presso la Scuola Internazionale di Fotografia APAB. L’amore per la musica e la passione per il reportage portano Valentina Cipriani dal 2013 a lavorare per alcune webzine come fotoreporter di concerti, avendo così l’opportunità di fotografare band di fama nazionale e internazionale (Bon Iver, Arcade Fire, Van Morrison, Chris Cornell, Morrissey, Pj Harvey, Franz Ferdinand, Die Antwoord, Damien Rice, Interpol, Editors, Skunk Anansie, Deep Purple, Kaiser Chiefs, ecc).
Sono nate poi collaborazioni con locali, festival musicali e con diverse band, tra cui The Zen Circus, La Rappresentante di Lista, Cara Calma, Handlogic, ecc. Col tempo Valentina Cipriani inizia a documentare il dietro le quinte della musica indipendente italiana, cercando un racconto più intimo e spontaneo lontano dai riflettori. Nel 2019 vince il primo premio sezione Portfolio del concorso Fotografando la Musica, con un reportage sul backstage de La Rappresentante di Lista dal titolo Sei viva, Diva!.

Descrivi Valentina Cipriani in una frase.
Keep your eye on the donut, not on the hole (cit. David Lynch)
Come nascono il tuo amore per la fotografia e quello per la musica?
L’amore per la musica è nato probabilmente nella mia cameretta durante la mia adolescenza, un po’ come tutti credo. Avevo le pareti tappezzate di poster di Kurt Cobain e Jim Morrison. Solo più tardi ho però iniziato ad avvicinarmi alla scena indipendente (italiana e non). Non so bene da come sia nata questa passione, anche perché non frequentavo persone che ascoltavano questo tipo di musica. In quel periodo ho iniziato ad appassionarmi anche di fotografia e più tardi ho deciso di iscrivermi ad un corso professionalizzante. Quando poi ho iniziato ad occuparmi di fotografia musicale le due passioni hanno iniziato ad alimentarsi a vicenda, e continuano tuttora a farlo.
Quali personalità in ambito fotografico, cinematografico o musicale hanno influenzato particolarmente il tuo immaginario visivo?
È difficile restringere il campo ad alcune influenze specifiche. Posso dirti che ho sempre amato molto la fotografia di reportage in bianco e nero, quindi impazzisco di fronte alle foto di Salgado, Letizia Battaglia, Josef Koudelka, Mario Giacomelli, Ferdinando Scianna, solo per citarne alcuni. Per quanto riguarda la fotografia musicale, anche qui si apre un mondo: Terry O’Neill, Anton Corbijn, Mick Rock, Annie Leibovitz e tanti altri. Diciamo che queste sono le mie fonti di ispirazione classiche, se così possono definirsi, e la loro influenza si ritrova più che altro nelle mie foto di backstage e nei reportage in generale. Nel tempo il mio approccio è un po’ mutato, ad esempio da quando ho iniziato ad occuparmi di videomaking le mie foto hanno assunto uno stile più cinematografico. Il cinema è infatti un’altra importante fonte di ispirazione.
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Quando vedo un frame che mi colpisce me lo salvo in archivio insieme a tante altre immagini che trovo sul web e che tengo come una sorta di mappa visiva. Tra i registi che mi affascinano di più ci sono Wim Wenders, David Lynch, Yorgos Lanthimos, Pasolini, Fellini, Antonioni, Bong Joon-ho, Truffaut, Larry Clark, Hitchcock. Ma anche qua è difficile citarne solo alcuni. Per quanto riguarda la musica, forse le influenze maggiori le ho avute dalla scena punk newyorkese degli anni ‘80, sia per quanto riguarda i miei gusti musicali che per un discorso di estetica fotografica. In ogni caso credo che l’aspetto più importante per crearsi un proprio immaginario visivo sia essere curiosi e saper osservare. L’ispirazione può venire dalle fonti più inattese.
Cosa ti appassiona del documentare i momenti che precedono un live?
Documentare i momenti che precedono un live è forse la parte più emozionante del mio lavoro. Non a caso sto portando avanti un progetto fotografico dal titolo “Just before getting on stage”. Senti la tua adrenalina che sale insieme a quella dei musicisti e in quel momento ti senti davvero vicino a loro. Non sei un semplice osservatore esterno, ma sei parte di quel momento.
Raccontaci il backstage più emozionante che hai avuto modo di documentare.
Il backstage più emozionante è stato probabilmente quello di Sanremo con gli Zen Circus. Con loro ci conosciamo ormai da anni e siamo diventati amici, quindi in un contesto di quel tipo c’era sicuramente un coinvolgimento più emotivo. È stato anche un po’ surreale perché, a differenza di tutte le altre volte, il mio compito è terminato nel momento in cui la band è uscita dal camerino, poi un attimo dopo li ho visti dallo schermo della tv.
Come nasce l’idea di un videoclip musicale? Da che cosa parti?
Quando un* musicista mi contatta per un videoclip come prima cosa mi faccio raccontare quello che quel brano rappresenta per lei/lui e chiedo se ha già un’idea da cui partire, dopo di che mi immergo completamente nel brano lasciando volare l’immaginazione e costruendomi dei film mentali. Faccio tanta ricerca, cerco di guardare molti videoclip, film, documentari, fotografie. Piano piano il video prende forma nella mia testa e a quel punto mi confronto col committente per capire se sto andando nella direzione giusta. A volte il/la musicista partecipa attivamente all’ideazione del video, altre volte mi dà carta bianca.
Come hai affrontato il periodo della quarantena? La musica live è stata uno dei settori più colpiti dalle restrizioni (e probabilmente uno degli ultimi ad uscirne).
Il mondo dello spettacolo in generale, e quindi anche la musica live, sono stati malamente colpiti da questa situazione. La scorsa estate sono stati organizzati diversi concerti all’aperto, ma le forti restrizioni li hanno resi quasi surreali. Si sono ridotti quasi esclusivamente ad una mera fruizione musicale, perdendo parte di quell’alchimia che si crea tra pubblico e musicista e quell’energia che nasce dai corpi sudati stretti gli uni agli altri. Per i mesi invernali forse le cose peggioreranno ulteriormente a causa degli spazi chiusi e dei piccoli club che non potranno permettersi di riaprire. È una situazione davvero drammatica e ho paura che passerà ancora molto tempo prima che le cose tornino alla normalità

Qual è la band indipendente italiana che hai più seguito nel suo percorso?
Probabilmente gli Zen Circus. Sono stati la primissima band che ho fotografato da un pit tanti anni fa quando ancora non ci conoscevamo, poi anni più tardi abbiamo iniziato a lavorare insieme e lo facciamo ancora oggi, anche se non in maniera continuativa.
Dove ti auguri di essere tra dieci anni? Dicci un nome italiano e uno internazionale con cui sogneresti di condividere il backstage.
Non riesco a fare dei pronostici così a lungo termine, anche perché la mia vita in 10 anni potrebbe cambiare radicalmente e magari farò l’austronata, come sognavo da piccola! 🙂 In ogni caso mi auguro di essere ancora curiosa di imparare cose nuove e in salute. Uno dei miei sogni più grandi è quello di fotografare Nick Cave, quindi il backstage con lui lo condividerei molto volentieri. Per quanto riguarda un nome italiano, ti direi Salmo.





Immagini courtesy of Valentina Cipriani (Portfolio)