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“L’ultima canzone dell’umanità” secondo Moderno

Il racconto di un’epifania in attesa dell’album “Storia di un occidentale”.

L’ultima canzone dell’umanità è il titolo del nuovo singolo di Moderno, disponibile dal 6 gennaio 2021 su tutte le piattaforme digitali. La canzone è anche l’ultimo singolo che anticipa l’uscita del nuovo disco di Moderno: Storia di un occidentale sarà infatti pubblicato il 27 gennaio.

Moderno (“Fedenco” per gli amici) nasce nelle campagne romane. Dopo aver calcato i palchi di tutta Italia con le band Unminutodisilenzio e Io non sono Bogte, Moderno si rimette in gioco e nel 2017 presenta al Salotto del Monk Club il singolo Felicità, accompagnato dal videoclip girato all’interno di Big City Life, la nota opera di street art che ha aperto la strada alla riqualifica di numerosi quartieri della Capitale.

Negli ultimi due anni sono stati lanciati tre singoli, che sono andati a formare la “trilogia degli amori post-moderni”: Le prime volte, 2 Soli e Non dimenticare (ft. Aku). Il primo album da solista, Storia di un occidentale, esce il 27 gennaio 2021, prodotto da Igor Pardini e Aurelio Rizzuti presso il Cubo Rosso di Roma, con la coproduzione di Valerio Smordoni (Gazzelle, Coez), Alberto Paone (Calcutta) e Tommaso Di Giulio.

Come ti sei avvicinato alla musica? 

Non vengo da una famiglia di musicisti o appassionati, salvo che mio padre a 60 anni ha scoperto l’opera e ora la canta in giro per casa. Mi sono avvicinato alla musica da ascoltatore e ho subito sviluppato un gusto perverso per le melodie struggenti. Ho iniziato poi a suonare il basso, per poi passare alla chitarra acustica e al canto, ma ho scritto canzoni fin dal primo giorno. 

Com’è stato crescere nella campagna romana? In che modo ha influenzato il tuo percorso? 

È stato decisivo. Crescere in provincia avrebbe potuto rovinarmi, ma il mio paese di origine l’ho vissuto molto lateralmente, preferendo da sempre il contatto intimo con la natura. Inoltre l’ambiente sociale arido e mediocre in cui sono cresciuto mi ha spinto a guardare sempre in un’altra direzione, a coltivare curiosità e a cercare modi di vivere diversi. 

Quali sono i tuoi principali riferimenti in ambito musicale? 

L’emo-punk e la scena alternative-post-rock italiana e internazionale sono nel mio DNA. Col tempo ho però recuperato anche la cultura cantautorale italiana, oltre a farmi influenzare da ascolti nel mondo dell’elettronica e del folk. 

Ti senti in qualche modo riconducibile alla cosiddetta “scena indie” oppure no?

Sì, dai, anche se l’indie da cui mi sento più rappresentato è quello che ruota attorno a realtà come La Tempesta dischi dei primi anni ’10. Oggi viene considerato erroneamente “indie” un mega-contenitore in cui convivono trap a uso e consumo di adolescenti, pop frivolo e ogni tanto artisti interessanti. 

Come mai hai scelto il 6 Gennaio come data di pubblicazione del tuo nuovo singolo? 

Questa data rappresenta bene il concetto espresso nella canzone: una epifania, una rivelazione che non ha a che fare con quella di Gesù Cristo, ma può essere ugualmente importante per la vita dell’umanità.  

Com’è nato il testo di L’ultima canzone dell’umanità e cosa volevi comunicare attraverso questo titolo?  

Credo che questo sia il testo più “antico” contenuto nel disco. Eppure è quello a cui sono più legato. A un certo punto mi son l’altro, mettendo da parte egoismi e insicurezze. Per rendersene conto però bisogna trovarsi di fronte a un pericolo comune, così ho immaginato uno scenario apocalittico: un ipotetico ultimo giorno dell’umanità. Secondo me sarebbe spettacolare, magari con la mia canzone in sottofondo! 

Non è un periodo facile per la musica nella sua dimensione live. Che rapporto hai con i social network? 

Uso con buona costanza Instagram, che aiuta ad abbattere molte barriere tra artista e pubblico, inoltre ha una platea di ascoltatori più attenti alle nuove proposte. Facebook invece mi pare sia diventato il social dei “ricacci”, per ricordare ogni tanto ai tuoi compagni del liceo come sei diventato brutto. Deve essere il live l’obiettivo primario di ogni artista emergente, accompagnato da un buon lavoro sui social.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo album Storia di un occidentale? Puoi anticiparci qualcosa? 

Aspettatevi un disco di “formazione”. È un disco che parla della nostra cultura, fatta di relazioni (non solo sentimentali) che come fili sottili si slegano troppo facilmente. Si parla di ricercare sé stessi, passando da momenti in cui dobbiamo solo ammettere la nostra fragilità ad altri in cui ci ricordiamo che possiamo essere infinito…

Più musica sul nostro profilo Spotify.

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