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Crypto art: l’arte del mercato

NFTs, criptovalute, blockchain: un futuro radioso per gli artisti o un’innovativa forma di speculazione?

L’arte contemporanea è in piena salute e anche il suo mercato: da semplice spettatore osservo, a debita distanza, le sue oscillazioni, i suoi fenomeni, le sue star, il suo business. Sì perché, piaccia o non piaccia, l’arte è mercato, né più e né meno come per ogni altro prodotto umano, dai manufatti al pensiero. 

Ogni qual volta si cerchi di affrontare il tema del mercato dell’arte vedo oscurarsi gli sguardi delle persone, vedo, o spesso percepisco, nei più romantici, una specie di freno inibitorio, come a credere che l’artista debba vivere di energia propria e che il frutto del suo lavoro (manufatto o pensiero) debba essere consegnato all’umanità a titolo gratuito, perché l’arte è di tutti. Ehnno! Mi ripeto: l’arte è sempre mercato, come per tutto il resto. E in quanto mercato vive delle regole che la società capitalista (o post capitalista o neoliberista) ha messo sul tavolo. Queste regole sono mutevoli perché mutevole è il mercato e di conseguenza l’arte diventa mutevole, per adeguarsi.

In quanto mutevole ogni epoca ha l’arte che si merita, e anche l’antropocene non se ne tira fuori. Ironia a parte, nell’ultimo anno sto assistendo allo svilupparsi di un fenomeno molto curioso e particolarmente interessante: la cryptoart. Non parlerò in questa sede di artisti in particolare, non parlerò del valore estetico del fenomeno o della qualità delle sue opere – prima di tutto perché non ne ho le competenze e poi perché non ne sono così interessato – parlerò invece di soldi. L’abitudine genera il gusto, questo è certo, e sicuramente prima o poi mi piaceranno anche le GIF animate, ma ciò che veramente ha un peso in tutto questo ragionamento è il cambiamento nella modalità di visione-fruizione dell’opera e consecutivamente la rapida evoluzione della vendita. 

La situazione epidemica, causa Covid 19, ha cambiato completamente le nostre abitudini alla fruizione in presenza, quindi addio a mostre e gallerie, per sostituirle con un monitor di un device. Per gli e-commerce dei negozi è stato un vero boom e quindi perché non anche per l’arte? Molti galleristi infatti hanno proposto siti dove visionare opere in modalità interattiva, hanno fatto così anche noti musei, ma alla fine della fiera tutto ciò è risultato troppo noioso perché l’arte è anche e soprattutto contemplazione. E la contemplazione in quest’epoca è un’opera digitale collegata ad un NFTs (Non-fungible tokens). 

Gli NFTs, in quanto non fungibili, non possono essere scambiati con un altro token e quindi sono unici. Chi compra, magari attraverso cryptovaluta, ha la sicurezza che l’opera d’arte acquistata, unica o multiplo, sia collegata ad un token unico garantito da una blockchain, che funge da database. Quindi la transazione viene registrata su questa blockchain che permette al NFT di diventare l’autentica dell’opera garantendone autore e acquirente. 

Macchinoso? Forse per i non addetti ai lavori. Le case d’asta nel frattempo sono partite a spron battuto e vari portali si stanno adeguando alla novità, gallerie comprese. Ciò che forse è più interessante nel fenomeno è l’introduzione di denaro, all’interno del circuito, da parte di giovani collezionisti lontani dal collezionismo tradizionale. Persone che un po’ per passione e un po’ per calcolo decidono di iniettare propria valuta all’interno di un sistema nuovo. Il collezionista ovviamente compra un’immagine gif, jpg o mp4 ed il suo valore è insito nella NFT unica collegata ad una blockchain.

L’opera acquistata potrà poi essere rivenduta e la blockchain farà da testimonianza di tutte le transazioni. Nell’epoca della riproducibilità tecnica vale l’autentica, come per i supporti tradizionali. Ognuno di noi, volendo, può scaricare da internet una foto famosa e stamparla ma quella foto non avrà nessun valore economico. La stessa foto se corredata di autentica dell’artista, anche se della stessa misura e stampata sulla stessa carta di quella “falsa” avrà un valore: il valore che il mercato è pronto ad attribuire a quel manufatto.

Sono molto curioso di vedere se il tutto sarà una bolla o se, come il mercato sembra promettere, ci sarà un forte incremento sia della produzione di questi manufatti digitali sia della vendita degli stessi.

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Di massimiliano griggio

Per la società neoliberista produco immagini fotografiche funzionali alla vendita del prodotto.
Nato a Padova nel 1970, dove vivo e lavoro, non ho mai pensato di andarmene a Milano per cercare fortuna, ma ho sbagliato!
Nel 1989 mi diplomo all’Istituto d’Arte, in Grafica e Fotografia, ma passo gli anni ‘90 a suonare la chitarra per non dover usare la pellicola fotografica fatta con gelatina animale.
Mentre deludo i miei genitori, non portando a termine gli studi universitari, maturo la decisione di occuparmi in modo professionale di fotografia: l'avvento del digitale sarà la svolta.
Esprimo da sempre il mio tormento interiore con il rumore e le immagini. Performativo, punk, iconoclasta e individualista. Mi interesso di produzione collettiva dell’arte.

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