Quando compii 16 anni decisi che da grande avrei fatto la regista di film. Si sa, da ragazzini i sogni sono sempre più grandi e smisurati, ma sapevo dentro di me di appartenere già al mondo delle immagini. Quando lo dissi a mio padre, la sua reazione non fu molto incoraggiante, sebbene avessi ereditato proprio da lui quell’amore viscerale per il cinema. «Dici sul serio?» mi disse. « Di quante registe donne hai mai sentito parlare? Non mi risulta ce ne siano tante. Questo normalmente è un lavoro da uomini». Già, normalmente è un lavoro da uomini. Non potevo affermare il contrario, mio padre aveva ragione.
Nel mondo ci sono più registi uomini che registe donne; è un dato incontrovertibile, le statiche parlano forte e chiaro. Ma io non ho mai dato ascolto alle statiche, né tantomeno a mio padre. Così qualche anno più tardi iniziai a studiare cinema e audiovisivi all’università. Oggi, undici anni dopo aver preso quella decisione, non dirigo film, ma vivo comunque a pieno ritmo in simbiosi con le immagini. Oggi sono una fotografa.
L’unica tattoo artist donna in Nepal
La prima volta che ho incontrato Sumina Shrestha nel suo studio di tatuaggi a Kathmandu, ho sentito che avevamo qualcosa di estremamente profondo in comune. Non soltanto la passione per i tatuaggi e l’arte. Il suo nome mi era stato suggerito quando ero alla ricerca di donne imprenditrici nepalesi da intervistare e fotografare per conto del collettivo femminile, il Local Women Handicrafts, per il quale stavo facendo volontariato.
Sumina è una delle pochissime donne tatuatrici, se non la sola, in tutto il Nepal, un paese in cui il mondo dei tatuaggi sembra appartenere soltanto agli uomini. Dietro quegli occhi dolci e un’indole pacata e gentile, si rivela una giovane donna di 25 anni sicura di sé e determinata. La sua voce è decisa, chiara e forte. Riesco a visualizzare la sua energia vibrante, soltanto guardando i colori accessi dei tatuaggi disegnati sulle sue braccia.

Le chiedo se, mentre parliamo, le posso fare delle foto, proprio lì nel suo studio, dalle pareti colme di disegni fatti a penna e dipinti. Scopro con sorpresa e piacere che Sumina è anche una pittrice di talento e che vende i suoi quadri. Con un sorriso mi dice che posso fotografarla, ma che non le piace troppo stare davanti l’obiettivo. Un’altra cosa che abbiamo in comune.
Essere donna in Nepal
La storia di Sumina viene tracciata proprio dalle tinte di quei quadri appesi e dai ricami di inchiostro sulla sua pelle. In Nepal, se una donna ha dei tatuaggi, tenderà a coprirli e a nasconderli agli occhi indiscreti di una società piuttosto conservatrice. Gli uomini invece ne hanno parecchi e mostrano le loro braccia e gambe tatuate con vanto e orgoglio.
Non c’è da sorprendersi allora se i tattoo artists del paese sono tutti di sesso maschile. «Quando quattro anni fa ho iniziato, ero consapevole che nel mio paese non ci fossero donne a fare questo mestiere, ma ciò non mi ha mai spaventata o intimorita. Sapevo di essere nata per fare questo lavoro e so di essere anche brava, per cui ho sempre avuto fiducia nelle mie capacità e nella mia arte» racconta Sumina, mentre comincia ad abituarsi al suono dei click della mia macchina fotografica.

Essere donna in Nepal non è semplice. La società nepalese continua a scoraggiare le donne a competere con gli uomini nel mondo del lavoro, sebbene sulla carta abbiano raggiunto pari diritti. Vige ancora l’idea della donna moglie-madre, che sta in casa a prendersi cura dei figli e a cucinare per il marito. Le radici profonde del patriarcato sono ancora ben piantate nel tessuto sociale e difficili da sradicare. «Quando mi trovo per strada e non indosso una giacca, la gente mi fissa per via dei miei tatuaggi. Ma io li ignoro e continuo a camminare; sono fiera e orgogliosa dei miei tatuaggi».
Sumina racconta che è stata molto fortunata in passato, perché i suoi genitori l’hanno supportata nella sua scelta. Sin da piccola le compravano i colori per dipingere e i quaderni per disegnare. Così è riuscita a frequentare una scuola d’arte e a completare i suoi studi.
«È stato difficile all’inizio acquisire le competenze che mi permettessero di lavorare come tattoo artist. Ho fatto alcuni corsi, ma erano soltanto uno spreco di soldi e tempo. Così ho iniziato a imparare da sola, guardando altri artisti e soprattutto facendo tanta, tanta pratica. La prima persona a cui feci un tatuaggio fu mia sorella; il risultato non fu niente male!».
Al contrario, la maggior parte delle ragazze come lei non sono dotate dello stesso potere decisionale e della stessa fiducia in loro stesse. La famiglia, le tradizioni e lo stesso tessuto sociale in cui si muovono, diventano sabbie mobili che ostacolano e affondano i loro passi verso l’emancipazione personale ed economica.

Dentro le strutture del patriarcato
Le donne in Nepal sono ancora legate ai pilastri di una struttura patriarcale che fatica a crollare, nonostante le forti scosse dell’era moderna. Essendo cresciute in un determinato contesto in cui vige la supremazia maschile, ritengono che non ci sia una possibile alternativa di vita all’infuori dal matrimonio.
«Molte ragazze mi contattano sui social media e mi fanno i complimenti per quello che faccio. Mi dicono che anche loro vorrebbero fare un lavoro di questo tipo e mi chiedono come io ci sia riuscita. Alcune di loro hanno anche iniziato a tatuare, ma poi hanno dovuto rinunciare per il volere delle loro famiglie e degli oneri di moglie».
Quelle donne nepalesi che vogliono essere economicamente indipendenti e padrone del proprio business, devono confrontarsi con una realtà che non le prende ancora sul serio e che le confina all’interno dello spazio domestico. Quando chiedo a Sumina se anche la sua famiglia vuole che si sposi, scoppia a ridere. «Certo, tutti i genitori desiderano che i loro figli si sposino. Anche io mi sposerò un giorno, ma non adesso. Ho troppe cose da fare al momento».
Il sogno di Sumina: aiutare altre donne
Il sogno di Sumina infatti non è ancora giunto al termine. Questo è soltanto l’inizio. I tatuaggi e la pittura sono arti che Sumina non vuole custodire gelosamente soltanto per sé, al contrario, vorrebbe condividerle proprio con altre donne come lei.
«Un giorno aprirò un mio spazio personale più grande, dove potrò accogliere tante artiste donne, così che potranno avere la stessa opportunità di crescita che ho avuto io. Voglio essere fonte di ispirazione per tutte quelle donne lì fuori che non ricevono supporto da nessuno, demoralizzate dalla società, discriminate. Prima di ogni cosa, devo ancora perfezionarmi e migliorare in quello che faccio».
La storia personale e professionale di Sumina è una storia di resilienza, di determinazione, di coraggio. Le sue parole risuonano forti e taglienti, in grado di ispirare tutte quelle donne nel mondo che non si sentono abbastanza, che si sminuiscono o che vengono sminuite dall’ambiente in cui vivono. Le donne possono essere leader e imprenditrici alla stessa stregua degli uomini. Se lo vogliono, possono diventare tatuartici. E anche registe di film.
Scatto un’ultima foto a Sumina e le chiedo qual è il suo messaggio per le donne nepalesi. Allora mi guarda dritto negli occhi e mi risponde senza esitare. «Siate voi stesse, seguite i vostri sogni e passioni. Qualsiasi professione vogliate fare nella vostra vita, lottate per essa».
Il Nepal ha bisogno di donne come Sumina. Ogni paese del mondo ha bisogno di donne come lei. Donne che possano ispirare altre donne. Sumina al momento lavora presso Wander Thirst Hostel, in Thamel, Kathmandu. Qui è possibile vedere il suo lavoro.

Foto di: Chiara Maggiore