È uscito a marzo il nuovo video di Kublai (il progetto solista di Teo Manzo) per il brano Le soglie del dolore. Si tratta del nuovo estratto dall’omonimo album di debutto Kublai pubblicato questo dicembre. Per la regia di Giacomo Coerezza di King’s Road Film, più che un videoclip, Le soglie del dolore si presenta come un vero e proprio cortometraggio che cerca di raccontare quei legami che paiono incondizionati, nonostante tutto. Per l’occasione, abbiamo deciso di parlarne direttamente con Giacomo. Le foto backstage sono di Simone Pezzolati.
Come si fa a rendere un videoclip più simile a un cortometraggio?
Non lo so sinceramente (ride). A parte gli scherzi io sono un grande appassionato di narrazione, leggo racconti da quando sono piccolo e mi appassiono creativamente al linguaggio che sia della parola o dell’immagine da molti anni. Non mi sono mai posto confini tra cosa sia un videoclip e cosa un corto perché penso che raccontiamo sempre qualcosa che lo vogliamo o no, cambia il linguaggio che usiamo e molto spesso se quello che raccontiamo è a fuoco o meno. Mi auguro con tutto il cuore che quest’operazione creativa faccia parte dei progetti riusciti totalmente.
E infatti è di cuore che si sta parlando. Io e Teo (Kublai) ci siamo confrontati proprio sul cuore emotivo del brano “Le soglie del dolore” e da lì ho scelto di partire. Ho desiderato seguire l’approccio che Teo stesso aveva seguito, ossia raccontare tangentemente un avvenimento personale costruendo un immaginario e così, anziché rappresentare per immagine pura estetizzata, per quanto coerente, ho creato una storia a specchio che rappresentasse una lotta per aiutare un’amico. Così è come mi sono mosso io per creare un video che fosse un cortometraggio.
Come nasce un’idea? E in particolare come hai lavorato all’idea che gira intorno al video Le Soglie Del Dolore di Kublai?
Nasce dal nostro confronto come esseri umani prima di tutto. Sia io che Teo ci siamo aperti fin da subito, spinti da una fiducia a pelle probabilmente, approfondendo il suo mondo ed il mio per poterne creare uno nostro. Da lì gli ho proposto delle vere e proprie storie, inizialmente ispirandomi anche alla tradizione giapponese, particolarmente adatta quando si usa una narrazione che voglia essere archetipica, etica di formazione e soprattutto concisa. Penso che un velo nascosto di quella tradizione abbia impregnato il video-corto, soprattutto nella pulizia e nell’essenzialità. Da lì abbiamo selezionato un nucleo contenuto in una di esse che è diventato lo scheletro della narrazione.
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In seguito ho selezionato un percorso di azioni specifiche e momenti, confrontandomi ed ispirandomi al rapporto di amicizia e creatività che ho con Patrizio Pedotti, l’attore protagonista. Ancora una volta l’amicizia è il nocciolo della questione. Mi è stato molto utile basarmi sul suo carattere e proprio lui ha conferito le caratteristiche che hanno dato vita al personaggio. Patrizio è un grande musicista, non un attore professionista, ma si è rivelato un potenziale davvero immenso nelle sue capacità attoriali. Forse una delle persone più talentuose che conosca!
Infine è stato un lavoro di set, riprese e montaggio finale, oltre ad un passaggio che amo particolarmente, ossia conferire un look preciso di colori alle immagini girate.
Cosa avete in comune tu e Kublai, e in che modo vi siete trovati sulla stessa rappresentazione visiva del brano?
Io e Teo abbiamo un’esperienza simile ma diversa che ci ha fatto passare entrambi attraverso il valore dell’amicizia e della perdita. Quando leggi queste cose nell’altro, per quanto non sia facile da spiegare razionalmente, ci si sente di aver compreso le medesime cose. Di essere giunti un po attraverso la stessa selva oscura, pieni di lividi e tagli ma comunque vivi e potenzialmente in grado di raccontare quel viaggio di vita vissuta.
Guarda il videoclip di Kublai
Abbiamo visto in anteprima anche il nuovo video Leanò. Lì invece non c’è un approccio narrativo, o sì? Ci racconti qualcosa a riguardo?
Per Leanò (scrivete bene l’accento sulla “o” perché io lo sbaglio sempre. Ciao LEANO. – ride) ho optato per un approccio più incentrato sul dualismo. Colori, ambienti, personaggi azioni. Immagini a specchio che attraverso il montaggio si completassero, come una solita di scissione in due dell’io che infine pare ricongiungersi. C’è sempre narrazione come dicevo, ma in questo caso veicolata con un linguaggio più fluido e che si concede maggiormente allo stacco a tempo e all’estetismo puro. Sono molto fiero anche di questo lavoro, soprattutto per la capacità di tutti quanti, ancora una volta, di creare con l’essenziale e delle buone idee.
Com’è una giornata su un set di King‘s Road Film?
Molto spesso io che reggo una macchina da presa mentre parlo all’attore o attrice di turno, gettando un occhio alla lampada ad incandescenza su stativo (ride). In realtà è vero, tendo ad essere one man band nella realizzazione di fotografia e regia, tuttavia mi avvalgo sempre dell’aiuto di altre persone che curino tutti gli altri aspetti. Ho molta strada da fare. King’s Road Film è nato come nome per i miei progetti film e si è allargato ai videoclip ma desidero che le sue cose dialoghino il più possibile nella positiva semplicità di realizzazione su set, unito ad un’ambiente che mette a proprio agio tutti. Perché se non ci si diverte mentre si crea si sta creando solo sterilità.
Hai altri video musicali in programma? E non musicali?
Spero sempre più progetti videoclip. Sto lavorando sul videoclip per il progetto di Anna Belle che uscirà a breve. Ho altri progetti su cui preferisco non sbilanciarmi ancora, ma usciranno, siatene certi!
Ora mi sto concentrando su un triplice sforzo. Primo, ultimare l’editing di un cortometraggio scritto a quattro mani con l’amico e collaboratore Alberto Ruffa, passando alla post audio che sarà un lavoro enorme. Andremo a toccare il tema dell’identità in questo caso. Secondo, preparare un secondo corto da realizzare entro l’estate. Sarà una storia di stampo formativo di una ragazza molto fragile che impara a lasciare andare il passato per vivere nel presente. Terzo, ma non meno importante, ho iniziato la stesura di un lungometraggio che toccherà i 90 minuti. E’ un progetto che ambisco di scrivere dal 2018 e che solo ora ho trovato la chiave di scrittura, grazie anche all’enorme collaborazione con Alberto. In questo caso andrò a toccare il tema dell’elaborazione del lutto ma in una chiave oserei dire poetica, simbolica e molto orientale.
Ho tanti altri progetti che cerco di portare avanti tra cui la stesura di un romanzo, ormai dal 2013, che racconti in chiave simbolica il rapporto ambiguo dell’uomo con il proprio libero arbitrio, anche se mi sto concentrando maggiormente sulla scrittura saltuaria di racconti brevi che spero di riuscire prima o poi a pubblicare in qualche forma. Uno è già terminato, quindi se qualcuno fosse interessato a gabbie, uomini e tigri si faccia avanti (ride).



