È da poco uscito Au Revoir, il nuovo singolo di Henna. Vi presentiamo la cantautrice valtellinese ma di stanza a Milano, tra i 16 finalisti della nuova edizione di Musicultura, con un nuovo capitolo che ci porta nel suo personalissimo mondo subacqueo dove le influenze del cantautorato indie si contaminano di elementi di folklore e di sonorità più vintage. Questo brano è un viaggio on the road in Europa, tra Francia, Italia e Germania, con il cuore spezzato e una salvifica autoironia, che diventa spesso la nostra migliore amica. Siamo stati nel suo appartamento a Milano in zona Porta Venezia, tra la movida acquietata dal Covid, ed ecco cosa ci ha raccontato.
Come ti trovi a Milano?
Amo Milano. È gentile e ospitale, ha tutto quello che cerchi e non te lo fa pesare. Puoi girarla praticamente a piedi se ti piace camminare e spesso cambiando zona sembra di stare in città completamente diverse. Di Milano amo la storia che ci ho creato, i momenti che ho vissuto e le persone conosciute, i parchi e le aree cani.
Di cosa parla Au Revoir?
Au revoir è un romanzetto in pochissime parole, completamente autobiografico e di barocchismi ne ha veramente pochi. Nasce come gioco di ironia per evitare di piangersi addosso rispetto a quel dolore del primo amore che sembra lacerante.
Ci parli delle cartoline che hai sopra la scrivania?
Quello è il posto in cui scrivo, è il mio angolo lavoro. Ci sono un po’ di cartoline dei quadri di van Gogh, una poesia di Pessoa a cui sono affezionatissima e una di Montale, alcune piccole stampe che ho trovato non so neanche perché in luoghi completamente casuali, dei segnalibri del Piccolo Principe che appartengono alle mie agende degli anni passati e una carta da musica con fogli riciclati. Tutte cose che mi hanno dato ispirazione o che se ci butto l’occhio mi aiutano a sbloccare qualche parola o qualche pensiero mentre scrivo.

L’ultima volta che si addormentata sul divano?
Io odio dormire fuori dall’orario della notte, e parlo di notte inoltrata perché sono veramente una che fa tardi. Non parlo di grandi feste, anche a casa da sola gironzolo, metto in ordine e faccio cose fino alle 3.00 del mattino, spesso senza alcun motivo. Un mesetto fa ero così esausta che mi sono addormentata alle 21.00 sul divano e alle 23.00 mi sono svegliata di scatto pronta per iniziare la mia serata.
Qual è la storia di quel telefono assurdo?
Quel telefono arriva da casa mia in Valtellina, era di mia zia Titta (dico era perché ora è mio.) È stato per anni sul mio comodino in stanza come complemento d’arredo. Poi un giorno progettando un set fotografico con il mio amico e fotografo Michelangelo d’Elia cercavamo oggetti dal gusto vintage, così mi sono fatta portare “giù” da mia cugina Elodie una serie di cose e alla fine quel telefono non è mai più tornato a casa. P.s: ho aggiunto tutti i nomi delle persone che hanno partecipato a questa avvincente storia per rendere la storia più personal.
Quante bottiglie abbandonate in giro per casa…
Io sono figlia del vino: mia nonna Emma ha 95 anni e ancora lavora la vigna tutti i giorni, anche il mio papà si dona molto a questa arte e ne esce fuori un buon vino casereccio. Io sono nata e ho iniziato a fare vendemmia con la mia famiglia, poi con gli anni si diventa adolescenti e queste cose un po’ si snobbano; ora sono tornata a partecipare se riesco e vorrei sempre. Comunque capita che vengo colpita da delle bottiglie per la loro etichetta o il design e mi piace metterci dei fiori secchi per ridargli una vita dopo essere state consumate (la parte migliore).
Nella mia vecchia casa, detta Havana, felicemente abitata dal trio delle superchicche me, aka Elena, Lucrezia e Aura, regno di grandi feste, scherzi e amori avevo riempito tutto il livello superiore della cucina di bottiglie, quando abbiamo lasciato la casa è stato un incubo buttarle. La mia preferita era la bottiglia del Braulio (giustamente sono Valtellinese e noi Valtellinesi siamo fieri delle nostre cose) con un girasole.

