In questo luglio caldissimo ma pieno di sorprese esce per l’etichetta indipendente Dischi Sotterranei il disco di debutto di Vipera, alterego di Caterina Dufi, classe 1998. Tentativo di volo è un intreccio di trame sonore e parole udite a mezzavoce, un disco senza genere ma con un’identità precisa. Gioco borgesiano, di riflessi e di rimandi interni tra i testi, quella di Vipera è una musica per iniziati, che si ispira – nella scrittura – a una riconnessione mitica tra passato e presente, una visione organizzata per dare forma al caos.
Dove sei nata e con che musica sei cresciuta?
Sono nata in Salento, sono cresciuta con tanti ascolti diversi, da Battiato alla musica di Fausto Rossi, dalla scena emo all’hardcore della Dichord Records, alle musiche di Frusciante.
Cosa ti ha portato a creare un tuo progetto solista?
È stata una questione tanto inerziale quanto di necessità. Sicuramente questo mi concede un certo grado di libertà creativa, poi quello che sto cercando di fare è qualcosa che vuole in qualche modo oltrepassare e andare attraverso la musica, tramite le arti visive e tutte le forme che servono a saziarmi e – se si può – a sfamare.
Composizione e scelte interpretative, rendono i brani del tuo primo EP prossimi alla poesia. Qual è il tuo rapporto con la scrittura?
Una malformazione credo, i miei studi informano il modo di scrivere e del resto la canzone nasce come poesia musicata. Scrivo per stralci, cose sentite dire a mezza voce che in qualche modo emergono dal fruscio del quotidiano per bellezza casuale.
Tentativo di volo mescola senza forzature italiano e inglese, rendendole parte di un unico flusso di pensiero. È stata una scelta istintiva o ha un significato particolare?
È stata una cosa fresca che arriva dalla scrittura dei testi. Compongo per accostamenti, la mia scrittura cerca il suono, ogni lingua si porta di questo le sue caratteristiche. Perciò uso gli strumenti che mi servono, un officina di Babele.
Dov’è stato girato il cortometraggio che accompagna l’uscita dell’EP?
È stato girato nella mia cantina e sulle rive dell’Adriatico tra le rovine di Roca Vecchia e torre Sant’Emiliano.
Il concept è tuo e di Federico Rizzo: quali sono stati i vostri riferimenti visivi o narrativi?
Siamo partiti da un terreno comune di passioni condivise, il cinema di Paradzanov, per i suoi quadri immobili e profondissimi. Anche la pittura rinascimentale, il mito, le invenzioni di Leonardo, Derek Jarman. La lista è molto lunga e stratificata, la prova è stata la ricreazione di un codice nuovo che si inquadrasse, per usare le parole di F.Ferrari, nell’originario più che nell’originale.
Che ruolo ha avuto l’etichetta Dischi Sotterranei nell’accompagnare Vipera in questo progetto?
Da sempre un ruolo di grande sostegno, ci credono nel loro lavoro e lo fanno con una genuinità rara. Questo mi ha permesso di stare sulla soglia del limite con i mezzi adatti per mantenere l’equilibrio.
Qual è la cosa che ami di più e quella che ami di meno della tua attuale città, Bologna?
Di Bologna amo il colore, la tranquillità di una città viva e niente affatto frenetica. Di Bologna non amo le stesse cose che amo, è un compromesso problematico ma ce la giochiamo bene.