Costanza Musto nasce a Roma nel 1990. Dopo il liceo si iscrive alla scuola di fotografia Officine fotografiche dove si diplomerà nel 2019. Già mentre frequenta la scuola, lavora come fotografa di backstage in Rai. In seguito inizia una serie di progetti fotografici che verrano esposti a Roma e in Puglia. Si accosta alla fotografia di moda nel 2020, quando inizia a collaborare con varie riviste.
La fotografia di Costanza Musto indaga il corpo e l’intimità personale, mantenendo sempre al centro la ricerca della bellezza nel quotidiano, espressa spesso con ironia.
Perchè hai iniziato a fotografare?
Diciamo che non esiste una vera e propria risposta a questa domanda. Sin da piccola le immagini sono state la cosa che mi rimaneva più impressa, non solo quelle della vita di tutti i giorni ma anche le immagini dei libri, dei film, delle canzoni ecc. Ho sempre ragionato e vissuto per immagini per cui è stato del tutto naturale avvicinarmi alla fotografia, era destino.
A Roma hai frequentato il master Officine Fotografiche: cosa hai imparato da questa esperienza?
È sicuramente stata una scuola che ha fatto crollare molte delle mie certezze fotografiche, in senso positivo. Mi ricordo che entrai con delle idee di come volessi che la mia fotografia diventasse e sono uscita con la mente molto più aperta alla sperimentazione, all’osservazione e – soprattutto – allo studio. Ho capito che essere fotografi non vuol dire fare (solo) delle belle foto, anzi, la cosa più importante è la continua ricerca estetica e di se stessi.

Le tue fotografie ritraggono spesso l’intimità dei corpi: la definiresti più un’intimità rubata, documentata o costruita? Come riesci ad avvicinarti così tanto ai tuoi soggetti?
La risposta è: tutte e tre. Il corpo è la nostra casa, e dopo vari avvenimenti della mia vita me ne sono resa conto più che mai. Da parecchi anni ormai sono concentrata sul corpo umano, su quello che può fare e non fare e su come si rapporta agli altri corpi. Il concetto di carne su carne è affascinante e intenso perchè l’intimità non sono solo due corpi vicini fisicamente, la cosa interessante è quel qualcosa sotto la pelle che ci fa avvicinare agli altri.
L’intimità delle mie foto a volte è rubata perché ho scoperto che l’approccio voyeristico mette a fuoco la parte più primordiale del corpo. Tuttavia è anche documentata, spesso in prima persona, perchè il mio studio non riguarda solo il corpo e l’intimità altrui ma anche la mia, anzi si può dire che sono partita proprio da me. Scoprire me stessa, lentamente, credo che mi permetta di approcciarmi ancora meglio agli altri. E per concludere, questa intimità è anche costruita. Questo per ritornare alla prima domanda: mi soffermo a fantasticare di cose vissute o solo immaginate, di corpi che si mischiano in diversi modi, di intimità ironiche e per realizzare queste fantasie fotografiche devo ricreare la scena.
Anche la passione per i dettagli sembra guidare molto il tuo sguardo: cosa cattura la tua attenzione?
Non lo so, o meglio me ne rendo conto subito dopo che mi ha catturato perché mi resta l’immagine impressa. Tendenzialmente gesti, tratti del corpo e colori. Sono molto guidata dalla pancia quando si tratta dei dettagli che mi circondano. Una cosa certa è che la mia attenzione è catturata da qualcosa o qualcuno che mi trasmette un tipo di elettricità che provo solo in determinati momenti.

Scatti spesso in pellicola? Perchè?
Sì, perché sono stanca della bulimia fotografica. Con il digitale è come avere una mitragliatrice con proiettili infiniti che chiaramente nel mucchio qualcosa colpiscono. La pellicola invece ti costringe a studiare fino all’ultimo dettaglio dell’immagine che ci si è immaginati e mi rende molto più attenta alla vita che mi circonda. Quindi con la pellicola si spara poco ma si spara bene.
Ci sono dei fotografi, dei cineasti o degli artisti visivi che ammiri particolarmente?
C’è stato un lungo periodo della mia vita in cui ho amato follemente Stephen Shore e Nan Goldin. Li amo ancora chiaramente ma ultimamente mi sto avvicinando molto a Tania Franco Klein e alla fotografia asiatica come Lin Zhipeng.
Se nel futuro potessi conservare soltanto una fotografia da te scattata, quale sceglieresti?
Questa domanda è la più complicata! Le mie fotografie sono come dei figli, sono fin troppo gelosa di loro e non posso rispondere, come se a un genitore chiedessero qual è il loro figlio preferito. Pensandoci un pò però risponderei: una foto molto semplice del mio cane che non c’è più e che scattai per il mio progetto Closer, una sorta di reportage della mia vita.






Immagini courtesy of Costanza Musto (Instagram)